Il nostro ultramaratoneta torna dalla Boavista Ultramarathon con una grande impresa, purtroppo non coronata dal successo finale.
Quest’anno la gara è stata più difficile del solito.
Le piogge straordinarie dei mesi di ottobre e novembre avevano infatti reso impraticabile una zona più al riparo dal caldo, per cui si è dovuto affrontare, già dal 30° km., una lunga distesa di spiaggia di 20 km.
Il caldo l’ha fatta da padrone, con una temperatura di circa 36° contro i 25° medi del periodo e con pochissimo vento.
“ Purtroppo – dice Arzenton – già dal 30° km., iniziata la spiaggia, ho iniziato a respirare male e ho dovuto rallentare non poco. Probabilmente non ero riuscito ad acclimatarmi dalla temperatura di 0° gradi dell’Italia, alla partenza, ai 31° trovati all’arrivo; così alla fine della spiaggia, al 58° km., mi fermavo e il medico constatava un principio di collasso cardiocircolatorio, consigliandomi il ritiro. Non ci ho pensato nemmeno un minuto e rinfrancato dal fatto che ormai il caldo stava finendo, ripartivo. Al 75° km., a metà gara quando già era buio fitto, il mio compagno di viaggio, meno affaticato di me, decideva di procedere da solo e così ho dovuto trovare altri due compagni di strada per affrontare la notte: due tedeschi che adottavano la strategia di fermarsi tra mezz’ora ed un’ora ad ogni check point per riposare. Io invece avrei proseguito, temendo il caldo del giorno successivo. Ed infatti verso le 7 del mattino abbiamo affrontato un temibile tratto di 11 km. tra canyons di sabbia, dove si sprofondava, con una temperatura ben oltre i 40°. E così ho ricominciato a soffrire. Finito questo tratto, è cominciato un temibile pavè con pietra nera, che emetteva un calore tremendo. Ho continuato da solo fino alle 13 poi, dopo 132 km., mi sono reso conto che non riuscivo più ad andare avanti e ho chiamato i medici, i quali, raggiuntomi, hanno constatato che non potevo più veramente continuare. La mia avventura è finita lì, dopo 30 ore di corsa/cammino, ultimo dei 21 ritirati su 39 partenti.”
“Penso comunque di avere fatto una buona gara – conclude Arzenton – e sono contento di essere arrivato quasi fino alla fine senza alcun problema muscolare e senza alcuna vescica. La preparazione c’era, ma qualcosa è andato storto fin dall’inizio. E’ comunque un tipo di gara che non ripeterò. Ho troppa paura del buio e di perdermi; inoltre, ho imparato che non bisogna contare sugli altri ma solo su se stessi. Ringrazio sentitamente tutti coloro che mi hanno appoggiato con l’offerta per il Villaggio SOS di Vicenza di cui sono fiero. La mia avventura di ultramaratoneta non finisce certo qui. Mi rivedrete su altre ultramaratone e altri percorsi.”