NYC marathon? Chi è costei? È la maratona per antonomasia, la più conosciuta, la più ambita. Quarantaduechilometriecentonovantacinquemetri si possono fare dappertutto, le gare sulla distanza pullulano ormai in ogni dove nel mondo occidentale, si possono fare anche a casa propria su un percorso misurato da ripetere più volte o partire a zonzo con un ricevitore GPS finché non si raggiunge la magica cifra, ma, credetemi, non ha lo stesso gusto. Infatti la maratona di NYC è tutta da assaporare e ogni palato trova la sua soddisfazione. Una metropoli va in fibrillazione per una settimana attorno all’evento che la blocca per un giorno intero. Quando mai capita? Anche la visita del papa fece limitare la chiusura a parte della 5th Avenue e di Central Park. Ogni anno invece si ripete il rito per cui il Ponte da Verrazzano è sequestrato per tutta una mattina, Brooklyn e Queens sono tagliati a metà, il lato est di Manhattan è paralizzato da un fiume umano che cresce ogni anno e sta per ingrossarsi fino a 50’000 partenti. E tutto il percorso è un urlo continuo di folla festante, i volontari fanno a gara per passarti i liquidi ai ristori, la musica per lunghi tratti non si interrompe fra una band e la successiva. Non ci si abitua mai a una situazione del genere ed è facile esagerare nella prima parte: l’adrenalina era salita durante l’attesa nei corral di partenza, non ti accorgi del vento in faccia che ti asciuga senza mai farti bagnare dal sudore, non ti fa calibrare il passo fra le continue salite e discese, ti fa sperare di raggiungere il gruppo davanti perché non va poi tanto più forte. Intanto passano le miglia, magari confondi i riscontri in miglia con le previsioni sui passaggi chilometrici, e arrivi al Queensboro Bridge, dopo esserti bevuto il passaggio di metà gara sul Pulaski Bridge ed esserti illuso che manca solo un’altra metà. Per i poco accorti invece è una metà amara, perché il frastuono assordante della 1st Avenue ti esalta, ma non riempie i serbatoi di energia, è una panacea per i muscoli dolenti, ma non li rende elastici e scattanti come qualche ponte prima. Poi il percorso è carogna in quanto sai perfettamente che il traguardo è solo pochi isolati più in là, ma devi fare il giro lungo e toccare il Bronx. Se mai non fossi abbastanza sollecitato, ci si mette anche il grigliato del Willis Bridge: la stuoia che tappa i buchi non sostiene del tutto gli appoggi. Rientri rapidamente in Manhattan, sai che non manca molto e cominci a centellinare le riserve di energia, mentre i muscoli urlano “recupero!”. Eppure il meglio deve ancora arrivare. Entri in Central Park e sai che manca poco. Entri nel bosco dei mille colori autunnali, ben riempito dal pubblico che sa dove sistemarsi, proprio lì, nella discesa più bastarda dietro il Metropolitan Museum, quando pensi di rilassarti e invece le cosce ti presentano il conto. Se passi indenne puoi sperare di goderti l’uscita in Central Park South, il passaggio in Columbus Circle e l’ultimo mezzo chilometro che sale al traguardo. Alzi le braccia sotto lo striscione, ricevi l’agognata medaglia, ma non è ancora finita! Per quanto i volontari ti supportino e si prendano cura, lunga è la via che ti porta a ritirare il materiale che hai depositato alla partenza, poi verso l’appartamento e magari a distenderti su un letto. Nel frattempo il pensiero vola già alla prossima esperienza. Dove? Quando? Quando ancora a NYC?
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