Nome: Riccardo.
Società: Atletica Vicentina.
Segni particolari: ha concluso il Tor de Geants.
“Folle, folle, folle idea….”, cantava Patty Pravo nei primi anni ’70. Ma dal racconto che segue non sembra affatto così.
Riccardo ha preparato a puntino l’impresa per coronarla con grande successo.
In questa intervista ci facciamo raccontare sinteticamente la sua storia podistica e di grande interprete dell’ultra trail.
Da quanto tempo hai iniziato a correre?
Ho iniziato a correre fin da ragazzino, utilizzavo la corsa come preparazione di base per altre discipline sportive, quali la pallavolo, l’alpinismo e lo sci di fondo.
La tua scelta di privilegiare i trail alle corse su strada quando e perché è nata?
E’ nata come conseguenza della grande passione per la montagna che ho sempre avuto. Passione che mi ha portato a diventare Istruttore di Alpinismo del CAI, un ruolo che ho ricoperto per molti anni. Da qui la voglia di correre in montagna, anziché su strada.
Prima del Tor de Geants, quali altri trail di rilievo hai portato a termine?
In questi ultimi 4-5 anni ho portato a termine parecchi ultratrail di rilievo anche internazionale, quali l’Ultra Trail del Monte Bianco di 170km e lo Swiss Iron Trail di 201km, accanto a gare meno impegnative, ma più famose, quali la Lavaredo Ultra Trail di 120 km., la Transvulcania, la Dolomiti Sky Race, la nostra classica Transdhavet (che ho fatto più volte), e parecchie altre.
Quando hai iniziato a pensare seriamente al Tor de Geants?
Il Tor è un sogno che viene da lontano. Ho frequentato le montagne della Valle d’Aosta fin da ragazzo, salendo i Giganti, cioè le montagne che superano i 4000 metri; e quando nel 2010 è nato questo viaggio che le abbracciava tutte, in un sol colpo il desiderio di provarci è stato immediato.
Che programmazione hai seguito per affrontare questa prova?
Ho lavorato molto percorrendo circa 2000 km. di corsa a stagione, accanto ad uscite in montagna anche di più giorni.
Ad esempio ho percorso in circa 12 ore l’Alta Via del Granito, un percorso circolare nella zona di Cima D’Asta che viene fatto normalmente in tre giorni….
Oltre a tabelle di allenamento, hai seguito anche particolari indicazioni alimentari?
Nessuna particolare indicazione alimentare, solo una certa attenzione ad una dieta ricca di carboidrati e proteine nei giorni precedenti la gara.
Eri preparato dal punto di vista psicologico, per affrontare tutte le difficoltà che avresti incontrato?
Molto. E questo perché io al Tor ci ero già stato altre due volte, senza concludere la prova per motivi di salute e per il maltempo che aveva costretto gli organizzatori ad interrompere la gara.
Sapevo bene che non sono le gambe che ti portano al traguardo, ma è la testa che comanda il tutto.
C’è stato un giorno, un momento, una situazione in cui ti ha sfiorato l’idea di ritirarti?
Non ho mai pensato di ritirarmi, ma ho vissuto comunque momenti di difficoltà. Al Tor le crisi prima o poi arrivano, sta nella capacità di valutarle e superarle adeguatamente la chiave del successo. Insomma dipende sempre dalla testa, e la mia è decisamente dura!
Sei andato incontro a qualche rischio per la tua incolumità durante le tue sei giornate di competizione?
Nessun rischio, oltre a quelli legati alle condizioni che si possono trovare oltre i 3000 metri in montagna di notte, freddo, neve, ecc. L’organizzazione è impeccabile, con grande attenzione alla sicurezza dei partecipanti.
Qual è stata la maggior criticità: fame, sonno, stanchezza, freddo….?
Sono tutti fattori critici; personalmente sonno e stanchezza sono i più difficili da gestire. Anche qui il grado di conoscenza di noi stessi ci aiuta a superare queste difficoltà.
Come sei riuscito a conciliare le fasi attive alle fasi di riposo?
Ho cercato di ridurre al minimo riposi e ore di sonno, e di mantenere una andatura regolare e costante senza mai esagerare, mantenendo un margine di forze e lucidità mentale, indispensabili per affrontare le incognite del tracciato.
Durante la gara sei stato da solo, o hai anche percorso tratti in compagnia?
Il primo giorno sono stato da solo; dalla prima notte in avanti ho fatto parecchi tratti con un concorrente valdostano che aveva circa il mio stesso passo. Essere in due è un vantaggio soprattutto nel superare le lunghe ore notturne.
Quando hai tagliato il traguardo, che sensazioni hai provato?
Ho pianto dalla gioia, questo traguardo per me significa molto e mi ha chiesto molto.
Tornerai ancora da quelle parti per partecipare ad un altro Tor de Geants?
Ho promesso che tornerò, magari non da concorrente ma da volontario, per dare una mano e restituire una piccola parte di quello che ho ricevuto partecipando al Tor e che porterò per sempre con me.